Sintesi dei risultati del progetto

Indice

  1. Progetto
  2. Indagini qualitative
    1. Interviste in profondità
    2. Focus Group
  3. Indagine sul campo
    1. Indagine CATI
    2. Indagine CAPI
  4. Consensus Conference
    1. Sintesi della Consensus
    2. Proposte di Politiche

1. Il Progetto

Il progetto PANGEA ha lo scopo di misurare la tipologia, la prevalenza e l’intensità della violenza di genere durante i periodi di lockdown dovuti alla pandemia da COVID-19. I risultati mirano ad esplorare le criticità legate al sistema di individuazione e presa in carico delle vittime sia in fase emergenziale che post emergenziale attraverso il coinvolgimento delle percezioni dei gruppi di interesse e attraverso le percezioni della popolazione generale. Inoltre, sono stati indagati approfonditamente i cosiddetti fattori protettivi che hanno avuto un impatto positivo, permettendo alle donne di segnalare rischi potenziali o in atto attraverso il numero dedicato, anche grazie all’utilizzo di tecnologie più avanzate. L’obiettivo finale del Progetto è di individuare proposte condivise su come migliorare le politiche di accoglienza e protezione delle donne oggetto di violenza durante periodi pandemici.

Sono Partner del Progetto l’Università di Siena con i Dipartimenti di Scienze Mediche Chirurgiche e Neuroscienze (capofila del Progetto, responsabile scientifico Prof.ssa Anna Coluccia), il Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali, il Dipartimento di Economia Politica e Statistica, e l’Azienda USL Sud-Est.

Il disegno dello studio è esclusivamente osservazionale e ha previsto l’utilizzo di metodologie di ricerca qualitativa e quantitative.  Per le indagini di tipo qualitativo i dati sono stati raccolti mediante interviste a testimoni privilegiati e Focus Group (in entrambe i casi, i soggetti appartengono a categorie quali gli operatori dei centri antiviolenza e del Percorso Codice Rosa, gli operatori sanitari del Pronto Soccorso e del Percorso Codice Rosa, i medici di medicina generale, gli assistenti sociali ecc…). Le indagini sul campo, invece, hanno visto la realizzazione di interviste con metodologia CATI/CAPI rivolte alla popolazione generale. In particolare, l’indagine CAPI, è stata effettuata sulle donne che hanno mostrato un’alta probabilità di aver subito una qualsiasi forma di violenza durante i periodi di lockdown a partire dal marzo 2021 e per i seguenti 12 mesi. Le interviste CATI/CAPI sono state somministrate da un gruppo di intervistatrici esperte ed altamente formate per una indagine delicata di questa tipologia.

Tutti le informazioni raccolte con le metodologie qualitative e con le indagini sul campo sono state analizzate e presentate ad una Consensus Conference, condividendo tali informazioni con un gruppo di esperti ed operatori del settore, al fine di individuare proposte per migliorare l’accoglienza e la protezione di donne vittime di violenza.

2. Sintesi dei risultati delle indagini qualitative

Le indagini qualitative sono state realizzate mediante due metodologie: attraverso delle interviste a testimoni privilegiati (operatori di diverse categorie direttamente coinvolti nella individuazione/gestione dei casi di violenza) e successivamente organizzando una serie di Focus Group con gruppi di operatori non direttamente coinvolti ma inseriti nella rete a tutela delle donne oggetto di violenza. I risultati delle indagini qualitative sono sintetizzati di seguito.

2.a Risultati delle interviste in profondità

Per le interviste in profondità sono stati selezionati 6 gruppi di partecipanti in base alla loro professione: presidenti di centri antiviolenza o loro delegate, magistrati coinvolti nella stesura di protocolli tra le Procure della Repubblica toscane e la Regione, responsabili aziendali codice rosa, referenti del pronto soccorso per il codice rosa, referenti Caritas e farmacisti. Ogni gruppo era composto da 5 soggetti tranne per quanto riguarda il gruppo “Caritas” e il gruppo “Magistrati” composti da un singolo partecipante ciascuno. In totale sono stati intervistati 22 soggetti. I temi affrontati nelle interviste hanno riguardato le criticità e le carenze, le prospettive future e le aree di miglioramento, i punti di forza e  le risorse emerse nell’identificazione, segnalazione, presa in carico, gestione, intervento precoce e prevenzione della violenza di genere sia nella fase di emergenza COVID-19, caratterizzata dall’adozione della misura della quarantena sull’intero territorio nazionale e dalla riduzione/sospensione  dei principali servizi socio-sanitari, sia nella fase post-emergenza, sia in relazione a possibili riacutizzazioni del virus. Di seguito sono sintetizzate le principali risultanze scaturite dall’analisi delle interviste.

  • Incremento della violenza di genere durante la pandemia: sia un aumento della consapevolezza da parte della donna in merito al fatto di poter chiedere aiuto, sia un aumento vero e proprio della casistica.
  • Utilizzo massiccio degli strumenti digitali da parte delle donne: sia per rimanere in contatto con il mondo esterno (maggiore solitudine) che per effettuare segnalazioni (convivenza forzata) a causa delle condizioni di impossibilità ad uscire di casa dettate dalla pandemia.
  • Impatto negativo sulle condizioni economiche: a causa del protrarsi della situazione di emergenza in molti hanno perso il lavoro e l’improvvisa disoccupazione sembrerebbe aver contribuito nell’acuire le tensioni.
  • Grave carenza di risorse: sia in termini economici che per mancanza di personale specificatamente preparato.
  • Decremento di accessi codice rosa al pronto soccorso: accesso solamente di quei casi talmente gravi da richiedere l’ospedalizzazione, il resto delle donne è spesso confluita nei consultori.
  • Aumento delle chiamate al 1522: con picchi maggiori di chiamate in concomitanza della trasmissione di spot pubblicitari relativi alla violenza di genere (aumento della consapevolezza e sensibilizzazione del fenomeno).
  • La violenza domestica durante la pandemia: verificandosi principalmente in casa, nello stesso periodo in cui le scuole erogavano i propri servizi tramite la didattica a distanza, si è probabilmente verificato anche un incremento della violenza assistita (utile addestrare le insegnanti ad essere delle sentinelle).
  • Formazione e della prevenzione: senza persone specificatamente preparate ed una prevenzione fatta a tappeto a partire dalle più tenere età non potranno essere cambiati gli aspetti culturali della violenza di genere.
  • Maggiori difficoltà: dove e come effettuare le collocazioni nelle case di accoglienza o nelle case rifugio, garantire la sicurezza e la privacy dei colloqui tramite le nuove strumentazioni, trovare delle aziende disposte ad effettuare l’inserimento lavorativo, in quale modo consentire l’accesso ai servizi.
  • Elementi positivi: solamente la vittima può accedere all’ospedale/consultorio/ambulatorio (favorendo l’emersione del fenomeno), grazie agli strumenti di comunicazione digitale le donne non sono mai rimaste sole, gli operatori sono stati pronti ad agire riadattando le proprie modalità lavorative.
  • Spunti per il futuro: inserire più attivamente la figura del farmacista all’interno della rete antiviolenza, dotandolo dei giusti strumenti per poter fungere da sentinella.

2.b Risultati dei Focus Group

Per i Focus Group sono stati selezionati 6 gruppi di partecipanti in base alla loro professione: medici di medicina generale, responsabili centri di salute mentale, operatori centri anti-violenza, forze dell’ordine, assistenti sociali, operatori del percorso codice rosa. Ogni gruppo era composto da un minimo di 4 ad un massimo di 8, per un totale di 33 soggetti. Le tematiche affrontate con i gruppi possono essere sintetizzate come: presa in carico, rapporti con la rete, criticità e punti di forza. Di seguito sono sintetizzate le principali risultanze scaturite dall’analisi dei Focus Group.

  • Incremento della violenza di genere durante la pandemia: soprattutto intimate partner violence.
  • Dipendenza affettiva, economica, lavorativa: presente nella maggioranza delle vittime, rende più difficoltoso l’intero percorso di presa in carico (predisporre in velocità l’allontanamento).
  • Donna, compagna e madre: la preoccupazione di lasciare soli i figli con il padre (genitore che generalmente rimane nell’abitazione) determina una buona parte della casistica sommersa.
  • La situazione negli ospedali durante la pandemia: diminuzione di accessi codice rosa, redistribuzione delle risorse per fronteggiare l’epidemia, stanza rosa utilizzata per l’isolamento dei pazienti covid.
  • Campagne pubblicitarie, spot sui social: fonte preziosa, soprattutto per i centri anti violenza, per comunicare che, anche se con una modalità online, la rete con i suoi volontari, referenti e operatori sanitari avrebbe continuato a lavorare in qualsiasi modo possibile.
  • Contributo assistenti sociali: discrepanze fra aree regionali rispetto al Sistema Emergenza Urgenza Regionale (SEUS). Esso non è ancora attivo in tutta la regione, lasciando impreparate o appesantite di ulteriori responsabilità alcune aree vaste.
  • Contributo dei centri di salute mentale: difficoltà in un loro coinvolgimento attivo nella lotta contro la violenza di genere.
  • Contributo delle forze dell’ordine: perplessità rispetto all’applicazione del codice rosso. Sono stati inseriti molti reati all’interno di questa normativa e le tempistiche velocizzate, ma il personale dedicato non è andato incontro ad un aumento, per cui diventa molto complesso per gli operatori stare al passo.  Avolte è necessario stabilire un ordine di priorità rispetto alle segnalazioni pervenute ma non sempre questo è possibile, quindi il provvedimento subisce dei rallentamenti.
  • Contributo centri antiviolenza: quelli afferenti ad aree molto vaste possiedono degli sportelli dislocati in punti distanti fra loro e durante la pandemia l’operatore dedicato a questo ha riscontrato difficoltà negli spostamenti e nel mantenimento del servizio.
  • Contributo dei medici di medicina generale: scarsa formazione in ambito violenza e difficoltà nel gestire situazioni di questo tipo. La non obbligatorietà dei corsi di formazione rispetto specifiche tematiche porta ad avere medici più sensibili che hanno scelto di effettuare una preparazione nell’ambito ed altri totalmente impreparati.
  • Contributo operatori codice rosa: note dolenti in ambito di linee guida. Esse esistono da tempo e ciclicamente vengono aggiornate ma la necessità di avere personale competente in materia non è affatto semplice. Il turn-over e la carenza di risorse aggravano la situazione.

3. Sintesi delle indagini sul campo

Il progetto ha previsto l’organizzazione di una survey sulla popolazione adulta femminile relativamente alle violenze da partner composta da due sotto-indagini. La prima è un’indagine campionaria telefonica (indagine CATI- Computer Assisted Telephone Interviewing) di tipo quantitativo con domande chiuse rivolta a tutte le donne che vivevano con il proprio partner nei periodi dei primi lockdown. La seconda ha coinvolto un sotto-campione di donne identificate come vittime di almeno un tipo di violenza da partner e si è svolta attraverso interviste di approfondimento semi-strutturate condotte in modalità face-to-face CAPI (Computer Assisted Personal Interviewing).

3.a Indagine CATI

Il questionario utilizzato per la survey prevedeva l’utilizzo di 45 domande a risposta chiusa volte a raccogliere dati su due aspetti: nella prima parte dello strumento sono state utilizzate domande per raccogliere informazioni sulle caratteristiche socio-demografiche delle donne e delle loro famiglie, mentre nella seconda parte le domande hanno esplorato le esperienze di violenza subita, con domande riguardanti il comportamento di controllo e altri tipi di violenza psicologica, violenza fisica e violenza sessuale e sulla conoscenza dei servizi di supporto alle donne vittime di violenza, quali Centri Antiviolenza e il numero 1522 Antiviolenza e Stalking.

In totale sono state contattate telefonicamente 35.674 donne, 3.743 delle quali hanno risposto alle interviste in un periodo compreso fra agosto e dicembre 2021. Di seguito sono illustrati in estrema sintesi i risultati.

  • Il 5,5% delle intervistate è stata vittima di almeno una forma di violenza da partner durante i periodi di lockdown.
  • Circa la metà delle vittime di violenza fisica e/o sessuale riferisce che le violenze sono aumentate in questi periodi.
  • Il 22% dichiara come forma di violenza il controllo del partner esplicitato sotto-forma di false notizie in merito ai contagi e le limitazioni in vigore.
  • Il 60% del campione era a conoscenza dei servizi di supporto per le vittime di violenza, risultano essere maggiormente informate le donne istruite, giovani, lavorativamente occupate, con un gap fra donne straniere e italiane.
  • Il profilo socio-demografico delle donne vittime di violenza prevede fra il gruppo delle vittime, rispetto alle non vittime, una maggiore incidenza di donne con un’età inferiore  ai 50 anni (sebbene la differenza rispetto alle pensionate sia molto modesta!) figli minori presenti all’interno del nucleo abitativo, non coniugate, con partner poco istruito, di nazionalità straniera, con condizioni economiche precarie, abitazione priva di spazi esterni e  più di un membro familiare per stanza, affette da perdita di lavoro durante la pandemia.

3.b Indagine CAPI

L’indagine ha coinvolto donne che si sono rivolte ai Centri Anti Violenza regionali (CAV) e donne già intervistate mediante l’indagine CATI e disponibili ad una seconda intervista. Obiettivi specifici di questa indagine sono statio l’individuazione e la comprensione dei fattori che possono aver inciso sulla frequenza, tipologia e intensità della violenza in ambito domestico durante i periodi di lockdown e degli eventuali ostacoli incontrati da parte delle donne in tali circostanze nell’ottenere supporto. La consapevolezza di dover rivisitare le strategie di tutela delle vittime in contesti emergenziali quali la pandemia ha guidato il lavoro in tutte le sue fasi, dalla formulazione del questionario all’analisi delle interviste. Le domande chiuse hanno raccolto informazioni sulle caratteristiche demografiche e socioeconomiche delle donne, nonché sulla tipologia ed evoluzione degli atti di violenza vissuti. Le domande aperte hanno riguardato principalmente la specificità della violenza da partner durante i periodi di lockdown, le percezioni, le difficoltà riscontrate, le forme di aiuto richieste e non richieste, le motivazioni delle decisioni prese nell’ambito della gestione del rapporto di coppia. L’analisi delle domande aperte ha seguito ciò che in letteratura è noto come ‘metodo tematico’ e ha permesso di enucleare cinque temi. Sono state condotte 59 interviste in due periodi differenti: a luglio 2022 e fra febbraio e maggio 2023. Di seguito vengono sintetizzati i risultati.

  • Il primo tema riguarda la minimizzazione e la giustificazione della violenza: la violenza psicologica è quella che risulta meno visibile e maggiormente sottovalutabile da chi la subisce: le discussioni, le aggressioni verbali, le limitazioni economiche, di movimento e relazionali sono sminuite, la donna se ne attribuisce la colpa, oppure sono interpretate come segno d’amore.
  • Il secondo tema riguarda i condizionamenti culturali, lo stigma e la colpevolizzazione della vittima: alcuni vincoli culturali possono frapporsi alla possibilità di allontanarsi/ribellarsi al proprio partner. In particolare il timore degli effetti dello stigma per aver abbandonato la famiglia e le norme sociali che sminuiscono le esperienze vissute dalla donna e che la investono di responsabilità.
  • Il terzo tema riguarda  l’intensificazione degli episodi di violenza e il loro evolversi  durante la pandemia.
  • Il quarto tema riguarda il confinamento in spazi ristretti. Non tutte le vittime intervistate hanno percepito il confinamento in spazi ristretti come fattore decisivo per scatenare la violenza, ma molte hanno convenuto che ha ostacolato l’elaborazione di una strategia di difesa e ricerca di aiuto.
  • Il quinto tema riguarda le spinte o gli ostacoli alle richieste di aiuto: le difficoltà sembrerebbero non essere legate al contesto pandemico quanto piuttosto a vincoli interni, quali la paura del partner o del percorso di uscita dalla violenza, la carenza di informazioni corrette sui servizi di supporto alle vittime, la non piena consapevolezza della violenza. A questo proposito si registra la richiesta da parte delle donne abusate di garantire un’informazione costante e capillare sul territorio su servizi e supporti disponibili, di una presa in carico emotiva e psicologica, di sostegni al reddito e alla logistica,specialmente in periodi emergenziali,nonché di rendere più ‘amichevole’ ed efficace il percorso che inizia con la richiesta di intervento delle forze dell’ordine e può sfociare in un iter giudiziario.

4. Risultati della Consensus Conference

I dati delle indagini qualitative e quantitative sono stati condivisi con gli operatori coinvolti nel progetto e con le parti interessate. A tale scopo, il giorno 10 marzo 2023 si è tenuta, presso la Certosa di Pontignano (SI), la Consensus Conference con il fine di discutere i dati emersi dal progetto, analizzare le problematiche emerse e individuare nuove politiche di assistenza e tutela rivolte alle donne oggetto di violenza, con particolare riferimento ai periodi pandemici.

La lista degli invitati ha visto coinvolti gli operatori anti-violenza della Toscana, suddividendoli per area di pertinenza in quattro tavoli tematici: tavolo sanitario, tavolo sociale e tavolo giuridico. Ogni tavolo ha stilato le proprie proposte che sono state successivamente vagliate ed elaborate ai fini dell’individuazione di nuove politiche.

4.a Sintesi della Consensus Conference

  • Tavolo sanitario: cosa emerge
    1. FAD obbligatoria per tutti i dipendenti; inizialmente avevamo proposto una FAD solo per operatori e personale di PS e 118; in realtà ragionando insieme, abbiamo convenuto che sarebbe meglio renderla obbligatoria anche per gli operatori degli altri reparti che possono trovarsi a dover riconoscere casi di violenza (ad es. ginecologia, traumatologia, ortopedia, etc.).
    2. Strumenti che facilitino il lavoro di chi è in PS: DA5 informatizzata, Cartella guidata; con la crisi del personale che è in atto in questo momento, spesso l’inserimento dei codici rosa rallenta il lavoro e non viene vista di buon occhio; se le procedure fossero più informatizzate e veloci, si perderebbe meno tempo a compilare le cartelle con le informazioni richieste e sarebbe anche più semplice raccogliere dati.
    3. Quando si inserisce una persona nel database come accesso PS, appare un ALERT che avverte l’operatore se il soggetto ha allergie ai farmaci; sarebbe bello ricevere un ALERT anche nel caso in cui la donna avesse effettuato degli accessi precedenti al PS, magari unificando i sistemi almeno provinciali (perché se accedo da comuni diversi, non sempre il PS riesce a vedere gli accessi in altri presidi ospedalieri).
    4. Mettere del materiale informativo agli ingressi dei PS sui CAV coni numeri di telefono e magari tradotto in più lingue per arrivare anche alle donne straniere (inglese-francese-arabo).
    5. ALERT che arriva al medico di famiglia quando si inserisce il codice rosa nel sistema, di modo che sia informato in tempo reale dell’accaduto e possa entrare a far parte della rete anche in modo più attivo.
    6. Più informazione nelle scuole; l’informazione viene fatta, ma è fondamentale mantenere e potenziare perché in primis riusciamo ad educare fasce di entrambe i sessi; in più i ragazzi poi riportano nel contesto familiare le informazioni apprese, andando magari anche ad aiutare eventuali madri vittime di violenza che non sanno come uscirne o come chiedere aiuto.
    7. Fare formazione congiunta tra le varie figure presenti nella rete Codice Rosa, in modo da potersi confrontare sui problemi che vengono riscontrati anche a causa delle differenti procedure tra l’ambito sanitario e le Forze dell’Ordine/ Magistratura.
  • Tavolo sociale: cosa emerge
    1. Formazione obbligatoria per tutti gli Operatori e prevedere la presenza di Referenti Codice Rosa Fissi.
    2. La formazione ove possibile sarebbe meglio congiunta con tutti gli attori della Rete (ad esempio: per capire meglio di quali informazioni necessità l’operatore quando avviene l’intervento delle Forze dell’Ordine).
    3. Istituire Tavoli periodici tra Operatori (PS, Ass. Sociali, CAV, farmacisti) le forze dell’Ordine e, in particolare, con la Magistratura per aumentare la consapevolezza dei Magistrati circa le difficoltà incontrate nella messa in sicurezza della donna e dei figli minori e prevedere possibili interventi sul maltrattante (es. tempi di allontanamento del maltrattante circa una settimana – prevedere tempi più rapidi – cercare un confronto per superare il problema).
    4. Inserire il mediatore culturale (vissuti culturali complessi) in tutti i punti della Rete dove avviene la prima presa in carico (prevederlo già all’interno dei protocolli).
    5. Predisposizione della struttura intermedia dell’Accoglienza utilizzando le strutture messe a disposizione durante la pandemia per fare solo emergenza (anche per aspettare i tempi della Magistratura delle 72 ore).
    6. Fare una scrematura in base alle necessità per il tipo di collocamento intermedio (es. L’albergo si è rivelato poco funzionali ove presenti neonati per difficoltà logistiche).
    7. Predisporre e revisionare periodicamente la Mappatura di tutti i nodi della rete comprese le Case di Seconda Accoglienza e i luoghi di inserimento lavorativo e immobiliare.
    8. Istituire a livello territoriale dei Referenti farmacisti che aiutino ad aumentare la conoscenza della problematica tra i colleghi e quali informazioni poter suggerire alle donne.
    9. Aumentare la presenza degli Ordini all’interno dei Protocolli.
    10. Attraverso gli Ordini dei Farmacisti promuovere tra gli iscritti campagne e corsi di formazione sulla problematica (aumentare i servizi di quartiere).
    11. Presenza dei Farmacisti ai tavoli di lavoro periodici tra tutti gli attori della Rete per scambiare conoscenza, informazioni e possibili soluzioni.
  • Tavolo giuridico: cosa emerge
    1. Aumentare la formazione multi professionale con occasioni di confronto fra tutte le figure coinvolte all’interno della rete. Ampliare i corsi a disposizione e implementarne la frequenza.
    2. Mettere a disposizione informazioni come la storia di accessi al pronto soccorso della vittima e monitoraggio del percorso di fuoriuscita dalla violenza.
    3. Referti medici maggiormente dettagliati, con particolare attenzione alle lesioni personali
    4. Presa in carico immediata di operatore sanitario, forze dell’ordine e psicologo per evitare vittimizzazione secondaria.
    5. Necessità di un’audizione effettuata da specialisti anche all’interno delle forze dell’ordine. Implementare la formazione psicologica.
    6. Potenziamento e implementazione dei centri per uomini maltrattanti per effettuare l’allontanamento del carnefice piuttosto che della vittima.
    7. Inserire le modalità di richiesta di aiuto all’interno di tutti i servizi anti-violenza, sia online che in presenza.
    8. Creazione di una app in cui inserire tutti i nodi della rete per lo specifico territorio di afferenza della vittima, modalità con le quali poter chiedere aiuto ma anche possibilità di farlo tramite app.
    9. Utilizzo di piattaforme social per effettuare prevenzione e informazione relative alla violenza tramite post, video, immagini.

4.b Proposte di Politiche per il contrasto delle donne vittime di violenza in periodi pandemici

Sulla base delle informazioni ottenute durante la Consensus Conference il gruppo di ricerca del progetto ha deciso di presentare ai rappresentati delle istituzioni le seguenti proposte di interventi/politiche:

  • Modifiche al percorso Codice Rosa: alla sua attivazione in pronto soccorso, nel flusso dei dati registrati dall’operatore dovrà essere inserito un “segnalatore” che farà partire in automatico un ALERT ogni volta che la stessa persona effettuerà nuovi accessi. L’ALERT trasmetterà l’informazione anche nella cartella del medico di base.
  • Supporto logistico ed economico alle donne vittime di violenza tramite strumenti quali reddito di libertà, borse di lavoro/borse di studio, accompagnamento all’inserimento lavorativo e a corsi di formazione per la crescita professionale, servizi per la conciliazione fra lavoro di cura e lavoro remunerato.  Andrebbe inoltre previsto come adattare questo tipo di interventi ad un contesto emergenziale che potrebbe ripresentarsi in futuro.
  • Introduzione dell’obbligo di recupero degli uomini maltrattanti tramite l’inserimento immediato in centri per uomini maltrattanti (con riferimento al nuovo disegno di legge che prevede la flagranza differita).
  • Creazione di un database condiviso dalle figure che compongono la rete anti-violenza in cui poter accedere ad aspetti essenziali per la presa in carico della donna, come ad esempio il numero di accessi al pronto soccorso.

 

 

 

 

Una volta terminate le interviste ai testimoni privilegiati è stato possibile montare questo video con i dati più salienti

 

Questo è il primo promo pubblicitario di PANGEA